
Ne viene all’animo una letizia
“Andate a Noto, datemi retta. Vi arriverete in mezz’ora da Siracusa, con gli occhi ormai sazi di viste e visioni, ma vi baserà oltrepassare l’arco della borbonica Porta Ferdinandea, e già dovrete stropicciarveli ancora dinanzi al più glorioso trofeo di pietre che sia possibile immaginare. […] tutto, in verità, qui commuove e sorprende: entrate in una chiesa e vi scoprite un Laurana; imboccate a caso una via ed ecco sul capo vi sporgono balconi in ferro battuto, gonfi come seni, nelle cui mensole si arriccia e brulica un popolo di grifi, meduse, ghigni ridenti, chimere. Ne viene all’animo una letizia, la stessa che si prova a godersi da un palco reale un visibilio di artifizi e di luminarie. Solo che qui lo spettacolo non cessa mai. Questo è un luogo che se uno ci capita resta intrappolato e felice, chi lo muove più”. Sono le parole di Gesualdo Bufalino che con ostinazione cocciuta e testarda ci spingeva a visitarla.
Durante l’Età preistorica, (2000-750 a.C.), i popoli che abitavano la Sicilia preferivano rifugiarsi nelle zone interne: alture e vallate erano i luoghi dove nacquero i loro maggiori insediamenti. Tutto ciò era dovuto al fatto che le zone costiere erano bersaglio preferito di scorrerie e di continue razzie di malintenzionati popoli marinari. Castelluccio, Pantalica, Finocchito, sono alcuni esempi di questo necessario difensivismo.
La nascita di Noto Antica (Neai) non si discosta affatto dalle ragioni suddette. Aggiungiamo pure che alcune alture erano considerate per i preistorici siculi luoghi sacri, in quanto si credeva che emanassero energia positiva e benefica per il corpo umano. Inoltre, l’edificare una città alla confluenza di due fiumi era segno di buon augurio.
Noto Antica (Neai), popolata già circa 1400 anni prima di Cristo, possiede entrambe le caratteristiche: è edificata infatti su di un’altura, il monte Alveria, a 420 metri sul livello del mare ed è protetta da due profonde vallate, solcate dalle ramificazioni di due bracci del fiume Asinaro, che si vanno a ricongiungere a sud di Neai, rendendo la cittadina sicula assolutamente inespugnabile. La gola ad ovest, con il suo corso d’acqua, la più suggestiva e in più punti visitabile, prende il nome di Valle del Carosello.
La nascita delle città greche e, soprattutto, la fondazione di Siracusa, (734 a.C.), segnano la scomparsa degli insediamenti siculi o la loro assimilazione alla cultura ellenica. Siracusa sconfigge i Siculi che si erano ribellati al suo potere, nella battaglia di Nome, (luogo imprecisato), nel 450 a.C., prendendo possesso di Neai, che diviene così di cultura greca ed in seguito romana (Netum). Fiorirà ancora durante il Medio Evo e nelle epoche successive.



L’11 gennaio del 1693, un tremendo terremoto rase al suolo tutti i paesi e città della costa ionica siciliana. Non si salva neanche Noto Antica che viene abbandonata, per essere edificata più a sud in pomposo stile barocco, restituendoci una immagine della stessa dorata e morbida.
I resti più notevoli dell’antica Noto sono sicuramente la porta reale, concatenata alle mura, davvero ciclopiche quelle del lato est. Più avanti, vi sono i ruderi di un poderoso castello a pianta quadrata. Dalla stradina pianeggiante che corre verso sud, si può osservare, a destra e sinistra, la devastazione provocata da quel terribile terremoto del 1693.
La fondazione di Neai da parte del siculo Ducezio, sconfitto dai siracusani nel 450 a.C., è annotata su una lapide posta all’incrocio centrale del sito.
Tutta la zona, soprattutto la valle del Carosello, è costellata da innumerevoli tombe sicule; camere scavate su parete verticale e, in origine, chiuse da portelli calcarei non più esistenti. Quel poco che si è potuto salvare dalla razzia di scavi clandestini, collane, bracciali, vasi, è conservato ed esposto al museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa.